Intervista per il giornale “Bisenziosette”

Immagine tratta dal giornale pubblicato il 28/10/2022

Intervista realizzata da Pierluigi Larotonda

Michele Scalini, nato nel 1974, è uno scrittore di fantascienza, le cui storie ci portano in mondi lontani ma anche in scenari futuri inquietanti.

Come costruisce i suoi personaggi umani e alieni?

Al personaggio principale attribuisco tratti del mio carattere, come base di partenza.

In seguito lo definisco man mano che la storia procede e prende forma, adattandolo alla situazione che si trova ad affrontare.

Quelli alieni li costruisco in base al ruolo assegnatogli nella storia.

Nel caso in cui assistono il personaggio principale, sono compassionevoli e riflessivi, mentre se sono nemici divengono spietati, privi di empatia e combattivi.

Cronache dalle terre devastate” è un romanzo postapocalittico che mi ha molto colpito. In parte mi ricorda La strada di Cormac McCarthy. Cosa le attrae di più della fine del mondo o, meglio, della fine del mondo che siamo abituati a vivere?

Ciò che mi attrae maggiormente è l’ambiente che ci troveremmo ad affrontare, come città distrutte e abbandonate al caos, strade ricolme di automobili lasciate lì dalla gente in fuga dalle città stesse, anche l’idea che la natura riprenda possesso di quando occupato precedentemente da noi.

Ma, soprattutto, è il modo con cui i sopravvissuti potrebbero affrontarlo che più mi attrae, anche se fa sorgere alcune domande.

Insomma, potremmo mantenere la nostra umanità, tutto ciò che abbiamo appreso durante la nostra evoluzione culturale?

Saremmo in grado di risollevarci o ci abbandoneremmo alla disperazione arrendendoci agli eventi catastrofici che l’hanno causata?

Anche in “Ricordi dell’invasione” cerca di sopravvivere in una Terra desolata e spettrale, causa l’attacco di una civiltà aliena. Il racconto in fondo è epico, di memoria. Caratteristica ricorrente nei suoi libri di fantascienza. Un elemento che ha appreso dalla narrativa o anche dal cinema?

Diciamo che questo elemento l’ho appreso dalla vita di tutti i giorni.

A tutti noi è capitato di vivere situazioni anomale, difficili, e inevitabilmente in quei momenti si tende a pensare al passato, quando la vita era meno complicata e la si affrontava con più spensieratezza.

Quindi penso che in una situazione estrema, come quella narrata nel romanzo, ciascuno di noi sarebbe propenso a ricordare il proprio passato, spinti dalla nostalgia e dalla paura scaturita nell’affrontare la nuova realtà.

Sovente, nelle sue storie, parte da situazioni normali per poi lanciarsi in avventure su altri pianeti, come ha fatto in “Trappist Terzo”, romanzo del 2019. Anche qui la guerra. Segno che essa è caratteristica di forme (ipotetiche) aliene e non solo degli esseri umani?

Direi che sia nella natura umana attribuire agli altri comportamenti che noi stessi abbiamo, ecco perché sovente troviamo alieni bellicosi e predisposti alla guerra.

Come è nella nostra natura pensare che chiunque si senta minacciato da fattori esterni, sia pronto ad impugnare le armi per difendersi, piuttosto che sedersi ad un tavolo e discuterne diplomaticamente.

Onestamente, in cuor mio spero che le forme di vita aliena, che magari un giorno avremo il privilegio di incontrare, siano talmente evolute da aver abbandonato la guerra in qualsiasi sua forma.

A proposito di memoria, la cultura digitale in realtà è lontana dall’immortalità. Cosa ne pensa al riguardo e le intriga l’argomento a livello di narrazione?

Ad essere onesti, il primo pensiero che mi è venuto, mentre leggevo la sua affermazione, è stato quello di uno scenario post apocalittico dove una persona si imbatte nei resti di una civiltà perduta e tecnologicamente avanzata.

Scopre che quella civiltà disponeva di certe conoscenze che mancano al suo mondo, le quali sono custodite all’interno di sistemi informatici sotto forma di informazioni digitali.

Chiaramente si può accedere a quelle informazioni mediante l’uso dell’energia elettrica, cosa che quella civiltà post apocalittica non dispone. Credo di aver espresso il mio pensiero riguardo alla lontananza dall’immortalità della cultura digitale.

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